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Spatuzza: le bombe conservate appese ai pescherecci

Il collaboratore di giustizia parla in merito agli ordigni da cui è stato ricavato il tritolo per le stragi di mafia degli anni 1992-1994

FIRENZE. Le bombe da cui è stato ricavato il tritolo per le stragi di mafia degli anni 1992-1994 venivano 'conservate' appese ai pescherecci, a Santa Flavia (Palermo). Lo racconta il collaboratore Gaspare Spatuzza in un interrogatorio con i pm di Firenze.   

Spatuzza, scrive il gip nell'ordinanza d'arresto di Cosimo D'Amato, racconta che «circa un mese di prima dell'attentato di Capaci», era l'aprile del 1992, con Cristofaro Cannella incontrarono Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Barranca in piazza Sant'Erasmo e si misero ad aspettare Renzino Tinnarello. Visto che quest'ultimo non arrivava, si spostarono in auto a Santa Flavia. Spatuzza aveva portato l'auto proprio perchè Cannella gli aveva detto che avrebbero dovuto caricare qualcosa.    

«Lì - racconta Spatuzza - abbiamo trovato un ragazzo, si chiamava Cosimino. Con questo ragazzo, di circa 30-35 anni, ci siamo avvicinati nella banchina, e c'erano tre pescherecci ormeggiati. Siamo saliti sopra uno di questi pescherecci e nei fianchi c'erano legate delle funi, quindi abbiamo tirato la prima fune, ce n'erano praticamente sommersi dei fusti, all'incirca mezzo metro per un metro, abbiamo tirato in barca il primo fusto e l'abbiamo trasferito in macchina».

Spatuzza, scrive il gip nell'ordinanza, «riferiva che anche prima della strage di via D'Amelio - ed anzi, si correggeva, anche prima della strage di Capaci - era avvenuto un altro prelievo di esplosivo, questa volta a Cala di Palermo».
 
Sempre in base a quanto raccontato da Spatuzza, per fare capire a Cosimo D'Amato - definito dal gip il «collettore di tritolo» - che per il suo servizio avrebbe ricevuto un «lauto compenso», gli venne detto, come metafora: «Ti bagniamo le mani bene».

«Era prassi diffusa - racconta Spatuzza agli investigatori - che i pescatori recuperassero con le loro reti ordigni bellici dal fondo del mare. Li mettono a bordo e poi, siccome non possono entrare dentro il porto con questi ordigni, o li legano nei fianchi o casomai li mollano prima di entrare e poi li vanno a recuperare».

«La quantità» di esplosivo «fornita nelle prime due cessioni, prima delle stragi di Capaci e via D'Amelio - annota poi il gip - pari circa a 70-80 chilogrammi a volta, erano già tali da far ragionevolmente prospettare il loro utilizzo per una finalità omicidiaria o di attentato». Nel complesso «diverse centinaia di chili di tritolo furono fornite dal Cosimo di Porticello e furono utilizzate per attuare le campagne stragiste del 1992-1994».

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