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Processo Coop rosse, 6 condanne annullate in appello

Coinvolti imprenditori e amministratori locali accusati, a vario titolo, di concorso in associazione mafiosa, truffa e associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta

PALERMO. Tutte annullate, in appello, le condanne dei sei tra imprenditori e amministratori locali accusati, a vario titolo, di concorso in associazione mafiosa, truffa e associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta.
La pena più alta, 7 anni, era stata inflitta in primo grado ad ANTONINO FONTANA, imprenditore ed ex consulente dell'amministrazione comunale di Ficarazzi (Palermo), poi sciolta per infiltrazioni mafiose, difeso dall'avvocato Michele Giovinco. Vecchio esponente del Pci e dirigente delle coop rosse, Fontana entrò in contrasto con l'allora segretario regionale Pio La Torre, poi ucciso dalla mafia, che ne chiese l'espulsione dal partito. Secondo gli inquirenti, avrebbe avuto stretti rapporti d'affari con diversi esponenti mafiosi della 'famiglia' di Bagheria come Simone Castello, "postino" che smistava la corrispondenza del boss Bernardo Provenzano.
Annullate anche le condanne a un anno e 8 mesi inflitte a MARIA CALARCO, MARIO e IGNAZIO POTESTIO, GANDOLFO AGLIATA e ANDREA CALIRI.
In primo grado erano invece stati assolti Francesco La Michela e Calogero Librizzi ed era stata dichiarata la prescrizione per Gioacchino Lo Re e Cosimo Ragusa. Le assoluzioni e le dichiarazioni di prescrizione non erano state appellate. Secondo gli inquirenti, mettendosi d'accordo nella formulazione delle offerte e concordando i ribassi, gli imprenditori avrebbero costituito una sorta di cordata che riusciva a controllare e gestire le gare pubbliche bandite da diversi Comuni del palermitano. Il processo è cominciato nel 2003, ma il collegio giudicante ha più volte cambiato composizione e il dibattimento è dovuto ripartire da zero.

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